A poche ore dalla riapertura delle attività, in Campania le acque dopo il lockdown (cristalline durante la quarantena) sono tornate a tingersi di nero. Prima il fiume Sarno, poi i Regi Lagni ed infine il fiume Agnena, hanno raggiunto un tasso di inquinamento così elevato da essere visibile ad occhio nudo. Scioccanti le immagini che arrivano dalla Campania, al punto da sembrare fake news. Ma è tutto vero, a confermarlo anche il Ministro Costa che ha attivato i Carabinieri del Noe per controlli e indagini in zona. Nel frattempo il movimento ambientalista ha lanciato una petizione su change.org, moltissime associazioni ed enti stanno scendendo in campo per arginare e combattere questo enorme impatto ambientale.
Nel comunicato stampa del WWF, che lancia l’hashtag #MAICOMEPRIMA, si legge:
“Il WWF è pronto a scendere in campo sia con le proprie guardie volontarie, appena riceviamo le dovute autorizzazioni dalle Autorità, sia nella costituzione di PARTE CIVILE NEI PROCESSI CONTRO I CRIMINALI che hanno prodotto questi disastri ambientali in così poco tempo. C’è da evidenziare che SICURAMENTE si tratta, in tutti i casi di inquinamento del Sarno, dei Regi Lagni e dell’Agnena, di attività di aziende che non rispettano la LEGGE, sia per la quantità di liquami, sia per la rapidità di sversamento degli stessi. Quindi siamo di fronte a REATI AMBIENTALI MOLTO GRAVI.”
Nisida Enviroment, società che tra le varie cose si occupa di divulgazione di crisi ambientali, ha redatto un documento che denuncia e analizza la situazione del Sarno. Condividiamo volentieri il testo che porta la firma di Raffaele Vaccaro, Amministratore della Nisida Environment, Carmine Ferrara, Membro della Commissione Tecnico-Scientifica dell’Ente Parco Regionale Fiume Sarno, Carmine Maturo, Co-portavoce Nazionale di Green Italia, affinché possa arrivare ad un ampio pubblico e agli enti competenti.
“Tutta Italia o quasi sta progressivamente tornando alla “normalità”, così anche le acque del fiume Sarno tornano al loro normale stato di contaminazione. L’impatto visivo delle immagini di oggi è stato forte, drammatico, ma non sorprendente. La quarantena ci ha dato l’occasione di vedere con i nostri occhi quello che ci viene privato ogni giorno dallo sciagurato stato della depurazione industriale in Campania e dal fallimentare stato di avanzamento dei lavori pubblici di collettamento verso impianti di depurazione consortili.
Il periodo di lockdown ha dimostrato a tutti le capacità straordinarie di rigenerazione della natura, tuttavia manca ancora la volontà delle aziende di investire in sistemi efficienti di trattamento delle acque reflue e dell’amministrazione pubblica nell’implementare i necessari lavori di completamento dell’infrastruttura fognaria. Senza questo impegno sia del settore pubblico che del privato le acque limpide del Sarno viste negli ultimi 50 giorni (almeno nelle parti in vicinanza della sorgente) riappariranno solo in occasione della prossima pandemia mondiale.
Questo impegno deve essere affiancato da una duro regime di controlli e di indagini sui responsabili del disastro del fiume. I collettori che sversano (visibilissimi a chiunque lungo le sponde del fiume) possono essere facilmente individuati e le aziende che scaricano facilmente determinate e sanzionate. Queste indagini devono essere coordinate da una task force composta da tutte le forze dell’ordine con competenza in materia di delitti ambientali (Carabinieri Forestali, NOE, Capitanerie di Porto di Salerno-Castellamare-Torre Annunziata, Guardia di Finanza) affiancate anche da dipartimenti universitari capaci di analizzare rapidamente la natura dell’inquinamento riscontrato e di accompagnare le forze dell’ordine nell’utilizzo di tecnologie innovative per il monitoraggio ambientale (droni dotati di termocamere, sonde multi parametriche, utilizzo di immagini satellitari e altre tecnologie capaci di individuare flussi di acqua sotterranei).
Che sia chiaro, produrre senza depurare è un atto criminale contro la natura e contro tutti i cittadini del territorio.
Lo stato deve però assicurare l’esistenza di strumenti fiscali e incentivanti, come finanziamenti a fondo perduto e detassazioni al fine di sostenere economicamente la realizzazione e il corretto funzionamento degli impianti di depurazione da parte degli industriali.
Per facilitare gli interventi di bonifica e rigenerazione, gli organi amministrativi preposti alla gestione del Bacino Idrografico del Sarno vanno coordinati in un unico organo gestionale composto da pochi membri con poteri esecutivi sul territorio per evitare di aggiungere semplicemente un altro ente a quelli già esistenti. Questo organo dovrebbe essere sotto la diretta responsabilità del Ministro dell’Ambiente che dovrà rispondere dell’attuamento degli interventi pubblici di riqualifica dell’area.
Tuttavia, è fondamentale ricordare che qualsiasi intervento di gestione o bonifica del Sarno sarà totalmente inutile senza previo sviluppo della depurazione all’interno delle aziende e il successivo collettamento dei reflui verso i depuratori del bacino gestiti dalla GORI. L’inquinamento si combatte alla fonte, non a valle.
Bisogna infine chiarire che conviene infinitamente di più prevenire le patologie connesse all’inquinamento ambientale che curarle e che il degrado ambientale ha un impatto devastante sul benessere sociale e sulla competitività economica di un territorio.
Con un Sarno “normale” la piana del fiume rimarrà un territorio malato, socialmente degradato e economicamente povero”.